Aggiungere dei tasselli sulla comprensione di questo processo è valso quest’anno a David Julius il Premio Nobel per la Medicina. Vi spieghiamo perché rappresentano anche una via di riabilitazione cognitiva
La percezione del caldo e del freddo è gestita da neuroni e da circuiti cerebrali complicati e distinti. Secondo due ricerche indipendenti pubblicate su “Nature” esistono tre differenti tipi di neuroni sensoriali sensibili alla temperatura, in tre distinte aree cerebrali.
I primi sono i neuroni strettamente sensibili al caldo, poi ci sono quelli strettamente sensibili al freddo e una più ridotta popolazione di neuroni sensibili a entrambi. La funzione di quest’ultima classe di neuroni sembra essere quella di lanciare una sorta di preallarme generico sul fatto che qualcosa sta cambiando nell’ambiente.
Da circa 40 anni ormai David Julius ha concentrato i suoi studi sui meccanismi che permettono alle cellule di avvertire il calore e su come questi si traducono in uno stimolo nervoso che arriva fino al cervello.
Gli studi sono stati condotti su cellule in coltura stimolate con la capsaicina, la molecola presente nel peperoncino, e hanno portato all’identificazione di un particolare recettore, il TRPV1, che è presente sulle membrane delle cellule e sensibile al calore.
TRPV1 è una proteina-canale che si attiva quando la temperatura sale oltre i 43°C, facendo entrare nella cellula ioni portatori di una carica positiva. Questo fenomeno è l’innesco di un impulso nervoso che determina la percezione di dolore collegata alle temperature elevate.
Lo studioso ha identificato anche il recettore per il freddo, chiamatoTRPM8. Questa volta utilizzando il mentolo per stimolare le sue cellule.
«La tecnologia del caldo/freddo per la valutazione dei nervi sensoriali si usa già da anni, infatti nel panorama scientifico vi sono diversi dispostivi che la utilizzano» spiega la dottoressa Federica Peci co-fondatrice di Cerebro®, Startup che proprio in questo campo sta facendo qualche passo in avanti. «Da tempo stiamo lavorando a un progetto più ambizioso e innovativo, ovvero un dispositivo che, attraverso speciali elettrodi, produce una variazione di calore o di freddo in grado di modificare la microcircolazione delle aree della corteccia cerebrale, e così favorire i processi neuronali alla base della riabilitazione cognitiva e motoria» spiega la dottoressa Peci. «Tutto ciò che riguarda il cervello e la riabilitazione di funzioni perse a seguito di un danno neurologico fa riferimento all’aspetto della circolazione sanguigna- commenta-, e siamo partiti proprio da questo per mettere a punto il nostro dispositivo: se un’area cerebrale ha necessità di “lavorare bene” serve che venga apportato maggior ossigeno e sangue. Lo strumento che abbiamo implementato, fa proprio questo: attraverso il calore, dilata i vasi sanguigni più piccoli aumentando così la capacità di sangue al loro interno, questo significa che in quell’area arriverà più sangue e quindi più ossigeno.
Lo stesso meccanismo vale per l’aspetto del freddo, ma nel senso opposto: producendo freddo i vasi capillari si restringono e diminuisce l’attività funzionale di una determinata area».
Per questo dispositivo di stimolazione cerebrale termica, transcranica e non invasiva Cerebro® ha già depositato il brevetto nazionale: «Dal punto di vista riabilitativo è un’innovazione- conclude la dottoressa Peci-. La riabilitazione dei danni neurologici, con uno strumento di questo tipo, può ampliare il suo raggio di azione e avvalersi non più soltanto di campi magnetici, elettrici e di luce nel vicino infrarosso, ma anche di una stimolazione termica, che diventerebbe così la quarta via della riabilitazione».
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