Una grande rete in Italia di Poli Specializzati nell’utilizzo di metodiche non invasive per pazienti con malattie neurologiche.
Del progetto nato sotto il segno della medicina di precisione ce ne parla Federica Peci, l’ideatrice: “Ci sono tre vie di riabilitazione cerebrale oggi e disponiamo di sistemi di misurazione, neuronavigazione e modulazione sofisticatissime. Ci siamo detti: perché non sfruttarle tutte?”
Poli specializzati nella riabilitazione cerebrale e nel recupero funzionale, sparsi su tutto il territorio nazionale, con un DNA comune: sfruttare esclusivamente strumenti e metodiche non invasivi, indolori e scientificamente condivisi.
È il “Progetto Cerebro®”, nato sotto il segno della Medicina di Precisione, l’unica possibile per una riabilitazione “reale” secondo i suoi fondatori, e di un recupero che rispetti a pieno la fisiologia dell’uomo.
«Il Progetto Cerebro® viene formalmente lanciato adesso ma abbiamo gettato le basi anni fa» spiega la dottoressa Federica Peci, CEO della Startup da cui prende le mosse. «Dal 2018 Cerebro® progetta e sviluppa dispostivi neuroscientifici per la stimolazione e modulazione cerebrale. Sono la Nir®, il nostro caschetto che sfrutta la fotobiomodulazione, la fTMS® e la sua versione aggiornata, la fTMS™ Plus, rispettivamente macchinari per la stimolazione con campo magnetico e con campo magnetico ed elettrico. I centri affiliati al “Progetto Cerebro” saranno gli unici in Italia ad offrire ai pazienti tutte le vie di riabilitazione cerebrale oggi riconosciute, anche per i casi in cui le terapie standard non bastano più. Questo, grazie alla tecnologia all’avanguardia dei nostri dispositivi messi in campo e alla partnership con il team di specialisti dell’Istituto San Celestino, capofila del progetto.
Nel panorama odierno- continua la dottoressa Peci- le principali tecniche che si utilizzano per facilitare i processi riabilitativi in pazienti con danno cerebrale acquisito sono la stimolazione elettrica transcranica a corrente diretta (tDCS) e la stimolazione magnetica transcranica (TMS). I poli specialistici del “Progetto Cerebro”, oltre a queste metodiche, offriranno ai pazienti anche la “terza via per la riabilitazione”, ovvero quella che sfrutta la luce nel vicino infra-rosso. Così ogni paziente verrà indirizzato verso l’approccio terapeutico più idoneo in base alle caratteristiche personali».
I centri che fanno parte del Progetto sfruttano dunque i dispositivi elettromedicali targati Cerebro® e integrano le tre le metodiche: la luce in grado di modulare il metabolismo neuronale, la stimolazione elettrica e quella magnetica.
«Siamo “maglie di una rete”, da qui il nome in un certo senso aperto di “Progetto Cerebro”, per veicolare l’idea di apertura e scambio continuo tra le parti. Cerebro® garantisce la formazione sull’uso dei dispositivi, l’Istituto San Celestino invece un supporto a 360 gradi sia in fase di diagnosi che nella programmazione del percorso riabilitativo. Non solo: il “plus” è che conosciamo bene il mondo dei pazienti con danno cerebrale, sappiamo che spostarsi non è sempre facile, anzi, a volte quasi impossibile. Per questo sarà il team dell’Istituto a spostarsi quando serve. Se, ad esempio, il personale medico di uno dei centri del Progetto ha bisogno di supporto nella valutazione funzionale di un caso difficile, come un paziente che non sembra riuscire a trovare giovamento dalla terapia, non viene lasciato solo. Il paziente non deve spostarsi, l’équipe dell’Istituto fornisce un referto in 48 ore. Come in una famiglia si lavora in sincrono- commenta Federica Peci-. Integrazione, supporto, collaborazione, ma anche avanguardia e innovazione: se dovessi scegliere poche parole per descrivere il nuovo “Progetto Cerebro” sceglierei queste.
L’obiettivo della Startup che ho fondato era questo sin dall’inizio: creare una sorta di programma di “aggregazione dell’innovazione” e innovare il modo di fare riabilitazione. Non limitarsi nell’approccio: ci sono tre vie di riabilitazione cerebrale oggi e disponiamo di sistemi di misurazione, neuronavigazione e modulazione sofisticatissime, perché non sfruttarle tutte? Questo, sempre partendo delle condizioni iniziali del paziente: solo attraverso approcci riabilitativi individualizzati e personalizzati è possibile ottenere risultati in termini di qualità di vita».
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