Quando le Neuroscienze® incontrano il Marketing

Cosa è e a cosa serve il Neuromarketing, spiegato da una neuroscienziata

Le teorie di marketing, più le nuove scoperte neuroscientifiche, unite a dosi di economia e psicologia comportamentale. Sono questi gli “ingredienti” base del Neuromarketing che, come spiega la dottoressa Federica Peci, psicologa ad indirizzo Neuroscienze cognitive, ricercatrice e fondatrice di Cerebro®, è “l’applicazione delle tecniche scientifiche al marketing, mirate allo studio del comportamento della mente umana ed all’analisi dei processi che avvengono nel cervello del consumatore”.
E quindi: cosa effettivamente accade a livello neurocognitivo in risposta a determinati stimoli emozionali? 

Quali forze dinamiche -sotto soglia- danno forma ai nostri processi decisionali? 

Cosa spinge all’acquisto? Cosa fa preferire un prodotto a un altro? Ecco, il Neuromarketing cerca di dare una risposta a queste domande. 

«Per farlo sfrutta le metodiche neuroscientifiche e le tecniche di visualizzazione dell’attività cerebrale- spiega l’esperta-. Gli strumenti più comuni sono l’elettroencefalografia (EEG), la NIRS, acronimo di Near InfraredSspectroscopy, ovvero la spettroscopia nel vicino infrarosso che utilizza specifiche lunghezze d’onda luminose per indagare le funzioni cerebrali; il Neurofeedback e Biofeedback e l’Eye Tracker, il dispositivo che consente di studiare il comportamento visivo, misurando i più piccoli movimenti oculari e mappando più volte al secondo la posizione degli occhi. 

Questi metodi di raccolta dei dati neurofisiologici aiutano ad effettuare una stima degli atteggiamenti e delle emozioni evocate da parte di un messaggio, un oggetto o un prodotto, proprio in base ai cambiamenti che avvengono nel cervello a livello biochimico ed elettrico e ossigenativo- commenta-.
Rispetto ai metodi standard, come ad esempio i questionari, queste tecniche hanno vantaggi sostanziali per valutare gli stati cognitivi ed emotivi dell’utente: le misure soggettive non possono raccogliere informazioni in tempo reale e anche l’affidabilità della misurazione è controversa perché può essere influenzata dalla natura della misurazione stessa o dai pregiudizi dell’intervistatore. Gli strumenti neuroscientifici, invece, consentono una misura della condizione cognitiva ed emotiva dell’utente oggettiva, non intrusiva e continua, a patto però che le misurazioni siano svolte seguendo rigorosi principi scientifici e metodologici». 

Il Neuromarketing, per questo, trova applicazione in tantissimi ambiti, i più svariati: «In ambito aziendale, ad esempio, aiuta a comprendere quali condizioni dell’ambiente lavorativo facilitano, oppure impediscono, il raggiungimento di un obiettivo, o ancora, aiuta a valutare il grado di cooperazione tra due persone mentre svolgono un compito. Serve per le indagini di mercato, per indagare a priori se un prodotto soddisfa i futuri clienti. È preziosa anche la sua applicazione sul web: ad esempio per ottimizzare il design dei siti, capire quali sono i più adatti al consumatore o per identificare la corretta posizione dei pulsanti di azione, la giusta ramificazione del menù di navigazione ed evitare che il sito web diventi troppo complicato. Rientrano in questo ambito anche lo studio relativo all’utilizzo dei colori e lo studio di decodifica delle immagini da parte del nostro cervello. Ad esempio oggi si sa che il cervello elabora le immagini con volti umani con una velocità doppia rispetto alle immagini rappresentanti altri soggetti».
Non solo neuromarketing. Si parla anche di neuromanagement, neurocinema, neuroeconomia e neurofinanza: «Si tratta di un corposo filone di ricerca realizzato grazie alle Neuroscienze® che vedrà nei prossimi anni sempre più una stretta cooperazione tra neuroscienziati, economisti, esperti di marketing e sociologi, per descrivere al meglio quel sottile e sfuggente meccanismo dei nostri processi cognitivi in contesti reali» conclude l’esperta.

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