Per chi soffre di mal di testa cronico tutto sembra impossibile: lavorare, dormire, concedersi qualche ora di svago. Dalla dieta alle cure hi-tech, tutte le strategie per ridurre i sintomi
Non
esco, ho mal di testa. Ma anche non vado al lavoro, non mi concedo una cena
romantica, non sto con mio figlio. Chi soffre di mal di testa rinuncia a molto.
Quasi tutto quando il disturbo si fa cronico. Per darne un’idea basta sapere che
la cefalea cronica è tre le prime cause di disabilità su scala globale.
Gli afflitti dal mal di testa si descrivono sempre tesi, irritabili, stanchi,
di umore instabile, anche quando il problema non è quotidiano, ma frequente.
I mal di testa, però, seppur tutti sgradevoli, non sono uguali. Le forme più diffuse
sono le cosiddette cefalee primarie: la cefalea tensiva, l’emicrania e la
cefalea a grappolo.
La prima generalmente è causata da un disadattamento ambientale come una situazione di stress al lavoro o in famiglia e può essere peggiorata da posture scorrette. Il segnale tipico è un dolore gravativo su tutto il cranio, come se ci fosse un peso sopra la testa, ma senza sintomi associati. È un fastidio di bassa intensità che non limita troppo la quotidianità del paziente né lo induce a un abuso di farmaci.
L’emicrania è la forma più comune: il dolore in genere è pulsante, può coinvolgere la testa, la zona intorno all’occhio, la fronte, le tempie. Se l’attacco è preceduto da visione di lampi, macchie luminose, la sensazione di formicolio su una mano o al volto, si tratta della forma di emicrania con aura, più rara.
La cefalea a grappolo, infine, è la più invalidante ma, per fortuna, anche più rara (non riguarda oltre l’1% della popolazione). Colpisce spesso violentemente un solo lato della testa, intorno all’occhio o alla mandibola.
Quale che sia forma, in ogni caso, per trovare una soluzione va individuata la causa. Un bel problema, però, in caso di mal di testa, visto che in medicina si contano ben più di 150 tipi diversi di fattori che possono incidere, ognuno con caratteristiche proprie e quindi da trattare in modo differente.
Non solo. Nonostante gli studi del settore le cause non sono ancora tutte pienamente chiare.
Tra i punti fermi, però, c’è il fatto che alla base del disturbo sia l’alterazione di alcuni neurotrasmettitori che rendono iperattivi i neuroni, le cellule celebrali.
Altro punto fermo unanime da parte degli esperti: prima di peggiorare le cose bisogna abbandonare ogni cura fai da te. Uno tra gli atteggiamenti più sbagliati, infatti, è continuare a prendere antidolorifici di propria iniziativa attivando così un circolo vizioso che rende più stabile la dipendenza e aumenta l’inefficacia terapeutica.
Le soluzioni ci sono, ma vanno individuate dagli specialisti.
Accanto ai farmaci d’elezione, sono necessari alcuni cambiamenti sullo stile di vita e una delle partite più importanti si gioca a tavola.
«Sia chiaro, non è l’alimentazione a causare mal di testa, però è vero che alcuni tipi di alimenti possono acutizzare la sintomatologia dolorosa, quando presente– spiega la dottoressa, Rosjana Pica, biologa nutrizionista del team Cerebro®-. In particolare tra i cibi della lista nera vi sono quelli che contengono delle sostanze, dette psicoattive e vasoattive come cioccolato, yogurt, frutti come agrumi o banane e tra le bevande, birra, vino, insieme a tutte quelle a base di caffeina.
Le sostanze psicoattive e vasoattive, infatti, hanno delle ripercussioni a livello cerebrale in quanto influenzano il flusso ematico, aumentandone l’infiammazione- commenta la specialista-. Eliminare o ridurre questi alimenti è un valido aiuto per star meglio». Tra gli alimenti virtuosi invece sono alici, merluzzo, sgombro, ovvero tutto il pesce azzurro particolarmente ricco di omega 3.
Quando il disturbo cronico si dimostra refrattario, la soluzione può arrivare da un’innovativa tecnica non invasiva di Fotobiomodulazione: «Si tratta di una metodologia che si serve di specifici led infrarossi che aiutano a modulare la produzione di neurotrasmettitori e a migliorare la vascolarizzazione cerebrale– commenta la dottoressa Federica Peci, Ricercatrice in Neuroscienze di Cerebro® -. Nei soggetti con cefalee primarie questa tecnica finora ha dato risultati notevoli, migliorandone sensibilmente la qualità della vita».
Anche l’aspetto psicologico è fortemente correlato al disturbo. Per molto tempo ci si è interrogati sul rapporto di causa-effetto, oggi si ritiene che uno stato depressivo sia la conseguenza del logoramento psichico, per questo un approccio psicologico, affiancato alla terapia medico-clinica, può essere utile a seconda dei pazienti, soprattutto per quanto riguarda la gestione delle conflittualità quotidiane.
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Di Federica Sciacca
Giornalista e Ufficio Stampa di Cerebro ®
Cerebro®, Start-Up nelle Neuroscienze ad alta tecnologia e innovazione mira ad aiutare e supportare i pazienti degli studi e poliambulatori associati attraverso metodiche e approcci diversi per favorire un miglioramento della percezione e della qualità di vita di ogni singolo individuo.