La Stimolazione magnetica transcranica riduce ansia e depressione
Grazie a dispositivi sempre più avanzati, che oggi i pazienti possono usare anche a casa propria, è possibile migliorare il tono dell’umore. Quali sono, come si esegue il trattamento, quali miglioramenti aspettarsi: risponde Federica Peci, esperta di biotecnologie per la riabilitazione cerebrale
Depressione, ansia e apatia sono i disturbi dell’umore più comuni tra i pazienti con Parkinson. Possono manifestarsi sin dall’inizio, anche prima della comparsa dei classici sintomi motori oppure dopo ma, secondo i dati, circa la metà dei pazienti ci fa i conti. Secondo gli studi non sono strettamente correlati con il grado di invalidità che la malattia col tempo porta con sé bensì con il mal funzionamento dei circuiti cerebrali dopaminergici e non dopaminergici, e con l’infiammazione cerebrale. «L’umore che va giù è tra i principali fattori che peggiorano la qualità della vita dei pazienti con Parkinson in quanto influenzano negativamente la capacità cognitiva, lo stato funzionale e l’aderenza alle terapie» spiega Federica Peci, psicologa esperta in Neuroscienze cliniche per la riabilitazione cognitiva.
Come si possono ridurre i sintomi?
«Innanzitutto si ricorre ai farmaci come gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina, gli antidepressivi triciclici e altri ancora. A questi poi vanno aggiunti percorsi di riabilitazione neuromotoria per ottimizzare ancora di più i benefici. In particolare la Stimolazione Magnetica Transcranica è la metodica grazie alla quale si sono raggiunti i risultati più soddisfacenti dato che agisce proprio sui circuiti cerebrali dopaminergici e non dopaminergici e sull’infiammazione cerebrale, quindi sul cuore del problema.
La dopamina, infatti, gioca un ruolo cruciale sia nel sistema motorio che nei circuiti cerebrali. Se nella malattia di Parkinson, la deplezione dopaminergica compromette queste funzioni portando l’alterazione, la Stimolazione Magnetica Transcranica aiuta a rimetterle a posto, per intenderci è come se desse una “spinta” ai neuroni per farli lavorare in modo più efficace e ripristinare alcune funzioni danneggiate».
Come si effettua un trattamento di Stimolazione magnetica transcranica?
«In estrema sintesi il dispositivo invia un impulso attraverso il cuoio capelluto creando un campo magnetico che attiva le cellule nervose. Con il tempo, ripetendo la stimolazione, i neuroni possono creare nuove connessioni o rafforzare quelle esistenti, migliorando la comunicazione tra le varie aree del cervello».
Quanto dura il trattamento? È sicuro?
«Durata e altre caratteristiche cambiano a seconda del dispositivo usato. La biotecnologia messa a punto da Cerebro®, la fTMS®, è brevettata a livello internazionale come innovativa e fortemente rispettosa della fisiologia umana: con il nostro dispositivo il trattamento è indolore, non invasivo, si esegue da seduti e dura circa 20 minuti. Come primo approccio si eseguono 10 sedute a cadenza mono o bisettimanale, a seconda del paziente, per poi valutare i risultati e proseguire con le sedute di mantenimento. Non richiede anestesia né tempi di recupero dopo la seduta, il paziente può immediatamente tornare alla sua quotidianità. Anzi, il nostro dispositivo essendo particolarmente pratico, maneggevole e sicuro, può essere utilizzato perfino dal paziente stesso a casa sua, sotto la supervisione del medico. Un plus che, come abbiamo visto dai risultati, velocizza il miglioramento dei sintomi anche perché al paziente risulta più facile rispettare modi e tempi della terapia».
Che tipo di miglioramenti si possono aspettare?
«Già dal 2018 su The Lancet veniva riportato che il 47% dei pazienti trattati con Stimolazione Magnetica Transcranica per depressione maggiore causata da Parkinson rispondeva alla terapia e il 27% registrava la remissione dei sintomi. Oggi i numeri sono anche decisamente più alti, grazie ai dispositivi ancora più avanzati e a protocolli di stimolazione personalizzati su misura dei pazienti».
Si può guarire dal Parkinson?
Riuscire ad ottenere una riduzione di ansia e depressione non significa curare la malattia. Ad oggi non esiste una cura definitiva che blocchi i meccanismi di neurodegenerazione e porti il paziente alla guarigione, però agire sul tono dell’umore significa migliorare di molto la qualità di vita del paziente e rallentare il percorso in discesa. Il consiglio è di affidarsi sempre a professionisti esperti che possano guidare l’intero nucleo familiare a farlo nel modo più adeguato.